L’Albergo Ristorante San Giors – già Ponte Dora – è una chicca d’importanza storica per Torino, è infatti il secondo ristorante più antico della città dopo il Del Cambio di Piazza Carignano, del 1757, ma è anche il secondo albergo dopo il Dogana Vecchia di Via Corte d’Appello, dei primi del ‘700.
San Giors – reception
Inaugurato nel 1815, in realtà di anni d’attività potrebbe averne molti di più poiché pare che questa storica locanda – che ospitò nelle sue stanze i Gonzaga e Galeazzo Visconti – esistesse fin dal 1481, ben prima della costruzione dell’attuale sede: la “Locanda di San Giorgio” era situata infatti all’inizio della Contrada dei Pellicciai, nella zona della Chiesa di San Pietro del Gallo, in corrispondenza dell’attuale Largo IV Marzo, proprio a pochi passi dall’Hotel Dogana Vecchia.
Nel 2013 ha ottenuto un importante riconoscimento, entrando a far parte dell’Associazione Locali Storici d’Italia che tutela i locali più antichi e prestigiosi d’Italia.
Dopo numerose vicissitudini e qualche brutto momento, nell’estate del 2017 l’architetto Simona Vlaic rileva l’intera struttura con la volontà di ripristinare l’antico fascino d’antan, dagli arredi alle atmosfere da salotto letterario, passando per i piatti tipici della tradizione piemontese, per fare nuovamente del San Giors uno dei protagonisti della ristorazione e dell’hotellerie sabauda.
Tartrà
E per offrire una “vera” ristorazione piemontese Simona Vlaic si è affidata ormai da qualche mese ad un cuoco di consolidata esperienza nella cucina del territorio: Giulio Carlo Ferrero, affiancato dal suo secondo, Davide Giorgiutti, e dalla brigata composta in totale da quattro elementi.
Tortino
Giulio ha portato al San Giors tutta la sua passione e la profonda conoscenza della cucina tradizionale piemontese. Con la sua esperienza e creatività, ha introdotto nel menù nuove idee sempre nel rispetto della cultura enogastronomica del Piemonte. Ogni suo piatto è una creazione suggestiva e gustosa, realizzata utilizzando il meglio della materia prima locale per esaltare e valorizzare i sapori del terroir.
Finanziera
In fondo il suo curriculum parla chiaro e racconta un percorso che l’ha fatto crescere tra i fornelli di alcuni ristoranti e alcune strutture alberghiere in Piemonte e in Liguria sempre caratterizzate da un’offerta enogastronomica orientata alla tradizione. Una vera e propria gavetta, come chiunque voglia intraprendere seriamente e professionalmente questo difficile mestiere deve assolutamente fare…cuochi non ci si improvvisa!
Con i secondi piatti si fa davvero un tuffo nel passato: la classicissima “Carpionata mista”, che a me ha proprio ricordato quella splendida e croccante che preparava la mia bisnonna: nove pezzi differenti in una marinatura di aceto di vino con cipolle, carote e salvia (cotoletta di pollo, cotoletta di maiale, uovo al paletto, trota, alici, capitone, zucchine, belga e fagiolini) e, appunto, la storica Finanziera, descritta qualche riga più in su.
Gnocchi
E, ancora, la bagna caôda, pericolosa per le relazioni personali a causa del terribile olezzo d’aglio che accompagna chi l’ha potuta gustare, ma tanto tanto buona: la ricetta tradizionale prevede una testa d’aglio per ogni etto di acciughe, accompagnata da verdure di stagione cotte e crude, dalla salsiccia di Bra da rosolare nel fôjot e da un tuorlo d’uovo per fare ‘scarpetta’ alla fine e, se ancora non ne avete abbastanza, un ricchissimo carrello di formaggi di piccoli produttori locali.
Tajarin
Su prenotazione lo chef Ferrero vi prepara un piccolo fritto misto con undici pezzi fritti al momento e serviti caldi, oppure il Gran bollito misto: i classici nove tagli di carne [muscolo, testina, coda, lingua, scaramella, brutto e buono, turgia, cotechino e gallina] serviti in una pentola di terracotta con il brodo di carne e le verdure lesse (carote, sedano, patate, cipolle), accompagnati da sette salse tradizionali (bagnetto verde, bagnetto rosso, cognà, mostarda di frutta, salsa d’avije, rafano, senape) e da due contorni (purè di patate e biete al burro) con un assaggio di plin da far cuocere lentamente nel coccio mentre si mangia la carne.