Dal 2014 Giovanni Mozzato ha ripreso in mano il locale di famiglia ristrutturandolo e rivoluzionandolo per proporre con gli chef Davide Scarpa e Leonardo Bozzato delle creazioni vere e proprie scommesse tra tradizione e innovazione.
A pochi passi da Piazza San Marco, ecco “Chat qui Rit”, un luogo in cui la tradizione delle ricette veneziane si coniuga a tecniche contemporanee e che realizza il sogno della famiglia Mozzato, da due generazioni nella ristorazione. “Chat qui Rit” è annoverato tra i locali storici d’Italia, esiste, infatti, documentato dal 1948, forse anche da prima. Fino al 2014 tra queste mura si trovava un self service che faceva 150 coperti, poi Giovanni Mozzato, classe ‘75, veneziano doc, ha deciso di riprendere in mano tutto e rivoluzionarne il concept. “L’ho ristrutturato e recuperato nella sua struttura originaria. È stata una scommessa perché la struttura era rivestita di cartongesso e non si sapeva cosa ci fosse sotto. Ci sono stati vari step nel recupero: prima si è dovuto capire com’era fatto l’immobile, poi cercare di alzarsi il più possibile considerato il succedersi dell’acqua alta, infine c’è stata la parte più divertente, cioè: arredarlo come più mi piaceva”, dice Giovanni. “Lo considero casa mia per cui ho pensato di arredarlo in quell’ottica, volevo che tutti i materiali fossero materiali “veri”, ho applicato il concetto del feng shui. Ogni cosa doveva essere proprio come l’avrei voluta e vissuta a casa mia, tutto doveva tendere al massimo del comfort. Intendevo e intendo dare una piccola oasi a chi cerca un posto caldo con una cucina ricercata o a chi vuole semplicemente bere un calice di buon vino abbinato a del caviale o a delle crudità particolari. Un luogo dove rilassarsi nella città più bella del mondo” continua.
Giovanni non voleva lasciarsi scappare l’occasione di creare a due passi da una delle piazze più belle del mondo un unicum che si differenziasse dai molti locali sparsi per la città. “Mi dispiaceva essere a San Marco e non poter dare la chance di godersi un momento di relax e assaporare la fortuna di essere in una città magica”. Giovanni si è laureato in economia aziendale a Venezia e poi si è innamorato della ristorazione e del mondo del vino che ha approfondito e studiato sviluppando una forte sensibilità per prodotti e materia prima.
La convivialità per Mozzato e tutto il suo team, da quello di cucina a quello di sala, sono l’essenza vera di “Chat qui Rit”. “Nella ricettività e nella cura del particolare devi essere perfetto, è inutile essere ultra ingessati giacca, cravatta, guanti bianchi e poi avere un bagno che non è curato o il fiore di plastica sulla tavola. Così anche la scelta dei tavoli rotondi, il massimo della convivialità, è stata fatta in quest’ottica e su questo abbiamo avuto molto riscontro. L’intero locale è un recupero dell’atmosfera veneziana, ma con un’apertura internazionale: il pavimento di maioliche arriva da Siviglia, le lampade sono di design italiano, il è marmo di Carrara quindi italiano, tutti i vasi e le componenti di vetro, invece, sono “creature” di Murano. “Tutti pezzi che mi porterei a casa. Il restauro della struttura è durato un anno, l’arredamento, invece, è sempre in evoluzione. Tutto fatto un passo alla volta. Tutto nasce dal voler aggiungere sempre qualcosa e dal desiderio di migliorarsi proprio come faresti nella casa dei tuoi sogni. “Chat qui Rit” nasce così”.
Giovanni si è dimostrato molto attivo per sostenere il settore dell’ospitalità della sua città sia nell’evento dell’eccezionale acqua alta, sia nel periodo del lockdown. “C’è stata la prima fase post acqua alta, con 40 mila euro di danni. Il 12 Novembre io ho dormito qui e ho pianto come un bambino perchè l’acqua arrivava all’altezza dei tavoli. La prima cosa che ho detto ai ragazzi del team è stata: “Dai dobbiamo rialzarci, reagiamo, reagiamo. In una settimana siamo ripartiti, però, sono sincero, è stato un po’ inutile perché avevamo le prenotazioni, ma anche le cancellazioni e dovevamo buttare via tutto. A Marzo, poi è arrivato il Covid-19 e ci siamo detti: “Cosa facciamo? O gettiamo la spugna o ancora una volta reagiamo. Così è stato. Durante il lockdown ci trovavamo in cucina ogni 15 giorni, studiavamo, elaboravamo nuovi piatti, pensavamo a come ripartire. Ho anticipato la cassa integrazione a tutti e siamo tornati quasi come prima. È stato un bell’investimento. Io come gli altri ci mettiamo l’anima, sono sicuro del nostro progetto. Mi sono detto: “Non possiamo arrenderci perché qualcosa di esogeno ci sta affondando e come una vera famiglia siamo ripartiti. Abbiamo elaborato un nuovo menu degustazione, più complesso, mantenendo il prezzo di quello precedente. Ora, come prima, cambiamo il menu frequentemente: ogni mese, mese e mezzo cambiamo, non vogliamo cadere nella routine. Voglio sperimentare, divertirmi e vedere la gente che entra ed esce con un sorriso ancora più grande, questo è il nostro lavoro, la nostra missione”.
Rassegna stampa – Locali storici d’Italia : 28/10/20